Claudia Torlasco, Presidente di Aidda: la certificazione sulla parità di genere aiuta a essere competitivi sul mercato. “Ormai un’azienda non può più preoccuparsi soltanto di fare profitto. Deve porre attenzione al modo in cui questo viene realizzato”. Lo dice Maria Claudia Torlasco Cattarini Mastelli, Presidente Nazionale di Aidda, Associazione imprenditrici donne dirigenti d’azienda. Lei, proprietaria della Mastelli Srl Officina Bio Farmaceutica, eccellenza nel campo della dermatologia, ginecologia, radioterapia, medicina estetica e ortopedia, ci racconta il mondo delle aziende al femminile. Tra sfide e difficoltà.
Aidda, di cosa si tratta?
E’ un’associazione che da oltre cinquanta anni è il punto di riferimento per le donne con ruoli di responsabilità. E’ la prima associazione italiana nata con lo specifico obiettivo di valorizzare e sostenere l’imprenditoria al femminile, il ruolo delle donne manager e delle professioniste. Fondata nel 1961 a Torino, da oltre mezzo secolo fa parte del network mondiale FCEM, Femmes Chefs d’Entreprises Mondiales. Associazione mondiale che conta più di 450.000 imprenditrici presenti in 50 Paesi dei 5 continenti.
Quante siete e come si fa a diventare socie di Aidda?
Le iscritte sono 900, il 10% è rappresentato da libere professioniste. Al di là del fatto che bisogna essere accettate dal direttivo, ci deve essere una visura camerale e la socia deve essere delegata di un mandato, deve avere un effettivo ruolo nella governance ufficiale. L’azienda deve avere almeno un fatturato di 500 milioni e tre dipendenti.
Quali sono i compiti dell’Associazione?
Innanzitutto promuovere e consolidare lo spirito associativo tra donne con ruoli di responsabilità. E sviluppare il ruolo economico, sociale e politico dell’imprenditoria femminile. In più, siamo interlocutrici propositive con tutte le istituzioni competenti in ambito provinciale, regionale, nazionale, comunitario e internazionale per promuovere azioni di sostegno per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile. Siamo ormai rappresentative di una fetta di economia italiana e ne andiamo fiere. Anche se abbiamo subito un calo di socie, a causa della crisi, ci siamo. I nostri numeri sono: 200.000 dipendenti e 500 milioni di fatturato. Mi sembrano cifre importanti, no?
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Perché un’azienda dovrebbe iscriversi ad Aidda?
Innazittutto è un grande piacere condividere le esperienze e informazioni. Attività che solo noi donne sappiamo far fruttare al meglio. Ma noi siamo nate con un importante obiettivo: dare alle donne la coscienza della propria dignità lavorativa. E non è poco, soprattutto cinquant’anni fa. Quando le donne a capo di aziende di famiglia non avevano nessun potere di firma e nessun incarico ufficiale, anche quando mandavano avanti il fatturato. Lei non ha idea di quante donne lavoravano senza ruolo. Poi capitava che il padre moriva o il marito scappava con la segretaria e rimanevano a terra, con più niente in mano. Dopo anni di lavoro duro e grandi risultati.
Lei è una donna che “ce l’ha fatta”. Ha dovuto rinunciare a molto?
Io ho lavorato molto, ho faticato molto. Ho avuto tre figli, ho sempre fatto conciliare tutto. Ma sono una privilegiata e non ho dovuto rinunciare a nulla. Devo dire che è un dato di fatto: gli uomini la vita l’hanno avuta più comoda. Ed è ancora molto così.
Cosa pensa delle quote rosa?
Cosa vuole che le dica. Vorrei che non ce ne fosse bisogno, ma vista la situazione, le quote rosa hanno aiutato a riequilibrare il sistema. Hanno aiutato molto le donne a costruirsi una coscienza. I risultati sono stati eccezionali. Il 33,5% le donne nei Cda delle società quotate; il 26,2% le donne nei Cda delle società controllate della pubblica amministrazione. La Legge Golfo-Mosca scade nel 2020, la politica deve rimboccarsi le maniche e fare in modo che venga reiterata.
Che doveri hanno le imprese?
Nella mia azienda la scelta non è mai fatta in base al sesso, si scelgono le figure in base alle loro competenze. Abbiamo parecchie donne, sia in produzione che in amministrazione e marketing. A me, personalmente, piacciono le donne perché hanno più creatività e sono più solide. Oggi da me in azienda abbiamo una leadership al 100% al femminile.
Quali vantaggi ottiene un’azienda che applica criteri di gestione orientati dall’equità di genere?
Un vantaggio sull’affidabilità e la programmazione. Le donne mettono in pista tanti progetti e lavorano con costanza per realizzarli. Sono decisioniste. Gestire il tempo bene è una loro prerogativa.
Quali sono le maggiori criticità (per le donne) nell’attuale mercato del lavoro?
La conciliazione carichi di lavoro-famiglia. Chi decide di lasciare il lavoro deve essere aiutata a rimanere in pista. Dobbiamo aiutarle ad essere orientate.
Rappresenterà l’Italia al W20 e porterà la Certificazione della Parità di Genere come buona pratica, innovativa. Perché questa scelta?
Siamo convocate al W20 a rappresentare l’Italia insieme ad altre figure, ad altre donne. Stiamo collaborando con il board che è a Buenos Aires. Vorremmo essere le referenti italiane, rappresentiamo le aziende storiche di questo Paese. Ce lo meritiamo, anche per l’impegno che ci stiamo mettendo per prepararci all’evento internazionale. Abbiamo un passato importante. Negli Anni ’60 abbiamo partecipato a tavoli istituzionali per il miglioramento dello Statuto dei Lavoratori. Abbiamo fatto inserire delle clausole favorevoli al lavoro femminile. Una lunga storia di impegno. Adesso è il tempo delle Certificazioni, perché la competitività e la qualità passa per quella strada. E la Certificazione di Winning Women Institute ne è un esempio. Fa parte dell’espressione del business del mondo di oggi.
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