Il salario medio per le donne che lavorano a tempo pieno, è di circa l’80% degli uomini. Questo divario salariale, in altri termini, significa che le donne lavorano gratis per 10 settimane all’anno. Ma per alcuni la causa non è imputabile alla “discriminazione” di genere, bensì alle scelte delle donne.
Uno studio racconta il fenomeno americano. Ne viene fuori una fotografia del sistema produttivo, spesso deficitario nei confronti delle lavoratrici, non tanto diverso da quello del nostro Paese. Ci sono voci che sostengono che il divario retributivo di genere sia un mito. I negatori del divario retributivo affermano che le scelte delle donne, piuttosto che la discriminazione, sono causa del divario retributivo tra donne e uomini.
Colore e razza fanno la differenza
Ma quelle scelte sono in realtà conseguenze di un contesto culturale e storico. Non dobbiamo dimenticarcelo. Addirittura c’è un aumento della discriminazione quando di mezzo c’è la razza. Le donne di colore vengono colpite due volte: subiscono gli effetti del divario salariale di genere più quelli del divario salariale di razza. Mentre le retribuzioni per le donne bianche e asiatiche sono migliorate dal 2007, gli stipendi per le donne ispaniche e afroamericane sono diminuiti.
A farci una fotografia del fenomeno, uno studio sul sistema americano. Che comunque rimane il perno della bilancia mondiale, anche quando si tratta di diritti, visto che è uno dei motori economici che muove il mondo.
Le ragioni del divario salariale
Ci sono alcuni punti fermi, da prendere in considerazione. In primis: le donne scelgono lavori meno remunerativi. Nel 2016, il motore di ricerca di lavoro Glassdoor ha effettuato un’analisi utilizzando mezzo milione di salari segnalati e ha rilevato che, per i loro dati, circa la metà rappresentava un divario di retribuzione. Altri studi dicono che sia circa un terzo.
Ma alcuni lavori sono diventati meno retribuiti per tutti quando le donne hanno iniziato a farli, come se fossero stati svalutati. Lo ha rilevato uno studio del 2009 condotto da Paula England della New York University, Asaf Levanon dell’Università di Haifa in Israele e Paul Allison dell’Università della Pennsylvania. Studio che ha utilizzato i dati del censimento dal 1950 al 2000.
- Il primo punto dice che quando la retribuzione per una professione diminuisce, il lavoro diventa meno attraente. Di solito ci si rivolge ad altre occupazioni più pagate, ma poiché i datori di lavoro preferiscono generalmente gli uomini, sono loro che riempiono quei posti di lavoro, quindi le donne rimangono ad occupare i posti di lavoro a basso reddito.
- Il secondo punto segnalato dalla studio, parla di svalutazione. Si legge: “il valore di un lavoro dipende da quale dei due sessi lo detiene”. Cioè, in poche parole: la società considera di minor valore le professioni occupate per lo più da donne, di conseguenza quando le donne iniziano ad occupare una posizione lavorativa, il suo valore diminuisce. Una svalutazione che spiega in che modo si arrivi al calo della retribuzione.
LEGGI ANCHE: Gender gap, l’Italia all’82° posto: le donne pagate molto meno degli uomini
Retribuzioni sbilanciate e lavoro part-time
La svalutazione spiega anche come due occupazioni molto simili negli Stati Uniti, i bidelli (per lo più uomini) e le donne delle pulizie (per lo più donne), abbiano scale di pagamento diverse. Il lavoro dominato dalla donna, le pulizie, ha una retribuzione inferiore rispetto al lavoro di pulizia dei bidelli. I custodi guadagnano $ 12,91 all’ora per gli uomini, $ 10,25 per le donne; governanti $ 11,27 e $ 9,84, rispettivamente.
Si continua, erroneamente, a parlare di scelte, quando scelte non sono. Come nel caso del lavoro part-time. Una percentuale maggiore di donne rispetto agli uomini lavora part-time, meno di 35 ore settimanali, e più donne fanno pause di carriera o riducono l’orario di lavoro per motivi familiari.
La maternità, congedi e sondaggi
Gli Stati Uniti, però, sono un’anomalia tra i paesi sviluppati, senza un congedo parentale retribuito a livello federale. In Canada, le madri hanno 17 settimane, pagate a metà prezzo; in Spagna e nei Paesi Bassi 16 settimane, in Germania 14, in Messico 12, tutti interamente pagati. E 39 settimane nel Regno Unito, anche se pagate in media al 30 percento, quindi l’equivalente a 12 settimane.
E in un sondaggio del 2013 del Pew Research Center, più della metà degli intervistati pensava che i bambini stessero meglio se la madre fosse rimasta a casa, il 34% riteneva che sarebbe stato meglio se avesse lavorato. Solo l’8% ha dichiarato che sarebbe meglio se il padre fosse rimasto a casa.
LEGGI ANCHE: Certificazione Parità di Genere, come funziona? Il bollino rosa in 3 step!
Quindi le politiche sui congedi parentali, le norme sociali e le matematiche familiari influenzano le decisioni personali su quanto lavorare. Ecco perché la parola “scelta” è così spesso abusata o quanto meno usata a sproposito. Inoltre, lavorare più ore non significa guadagnare più denaro. Sebbene le donne che lavorano a tempo parziale siano leggermente migliori delle loro controparti maschili, rappresentano solo una minima parte di tutte le donne lavoratrici. Più di due terzi lavorano 35 ore o più a settimana.