Donne al lavoro: maggiore soddisfazione e maggiore capacità di conciliare la vita professionale e la vita privata. Le donne occupate stanno meglio dei colleghi maschi. Lo dice l’INAPP.
L’Inapp (l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) ha pubblicato on line il Policy Brief su donne e lavoro. Nonostante nel 2017 c’è stato un record storico nel tasso d’occupazione femminile con il 49,1% di donne 15-64enni occupate, il divario tra uomini e donne è ancora alto. Parliamo di 18 punti percentuali nel 2016, con il 48,1% di donne al lavoro rispetto al 66,5% degli uomini (15-64 anni).
Il part-time: una scelta obbligata
Nel 2016 il 32,8% delle donne occupate lavorava a tempo parziale, contro l’8,7% degli uomini. Ma la maggioranza degli occupati part-time preferirebbe in realtà lavorare a tempo pieno. Solo il 26% degli uomini e il 42% delle donne lo fanno infatti per libera scelta. Grande exploit, infatti, ha avuto il part-time involontario. Nel 2016 gli uomini lavoravano mediamente circa 39 ore a settimana. Le donne circa 32 ore a settimana, ma queste ultime dedicano alle attività domestiche e di cura familiare, mediamente 3 ore in più al giorno degli uomini.
LEGGI ANCHE: Dimissioni neo mamme: è boom, in 25 mila costrette a lasciare il lavoro
Donne al lavoro: il carico familiare incide sulla scelta lavorativa
Nel 2014 fra i 25-64enni il tempo di cura familiare rappresentava il 21,7% della giornata media delle donne italiane (5h13′), al di là della condizione occupazionale, contro il 7,6% di quella degli uomini (1 ora e 50 minuti). Tale divario si è ridotto, seppur di poco, in 20 anni solo grazie a un lieve aumento dell’impegno maschile nella cura dei figli.
Il divario salariale non migliora
Permane il divario retributivo. Nel 2016 le donne dipendenti full-time guadagnavano mediamente circa 1.400 euro al mese, mentre per gli uomini il dato si attestava a circa 1.570 euro.
Così dichiara Silvia Zingaropoli, portavoce del Presidente INAPP Stefano Sacchi. “Nonostante le innegabili condizioni di svantaggio, le donne risultano più soddisfatte rispetto al proprio impiego. Questo ovviamente non basta. Occorrono politiche di impatto per rompere il peso di una tradizione che tende a penalizzare l’occupazione femminile, che resta di quasi 20 punti percentuali più bassa di quella maschile. In primo luogo, politiche per favorire la conciliazione e servizi di cura sia per i bambini piccoli che per gli individui non autosufficienti, posto che il lavoro di cura grava essenzialmente sulle spalle delle donne.
Ma anche azioni positive per l’equilibrio di genere nei ruoli dirigenziali. Questo può essere utile per rompere il meccanismo che porta ad adattare le proprie aspettative alla situazione, convincendosi del fatto che oltre un certo livello sia difficile arrivare. Una convinzione che pone un freno alle ambizioni delle donne nel mercato del lavoro.”
LEGGI ANCHE: Donne senior: in azienda impossibile avanzare di carriera dopo una certa età