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Donne e previdenza: mamme occupate crescono i contributi nelle casse Inps

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Donne e previdenza. Ogni impresa che discrimina le donne si impoverisce in termini di genio, creatività e capacità di fatica. Ogni impresa che rinuncia alle donne ha anche la grave colpa di mettere in crisi un sistema già precario.

Secondo l’Inps: più italiane al lavoro più contributi versati nelle casse dell’Istituto. Non solo: più le donne guadagnano e più fanno figli. Più figli, più lavoratori che versano contributi. Questo è il rapporto tra donne e previdenza.

Ecco perché i conti della Previdenza saranno sostenibili nel lungo periodo solo con più donne occupate. Valutazione rafforzata dal Presidente dell’Istituto, Tito Boeri, con la sua Relazione.

Dati alla mano, fino al 2040

Nella sua analisi, l’Inps elenca alcune evidenze per nulla scontate. La prima: gli italiani sarebbero disposti a riprodursi solo se il reddito a disposizione è adeguato. A differenza del passato, quando a diventare mamme erano soprattutto le donne che si dedicavano al 100% alla famiglia, oggi sono le lavoratrici a fare più figli.

L’Inps ha valutato cosa succederebbe ai suoi conti se la quota di lavoratrici sul totale delle italiane in età da lavoro (15-64 anni) rimanesse invariata da qui al 2040. Bene, il risultato è che in media ogni anno verrebbero a mancare 69 mila assunte. Nel 2040 le lavoratrici sarebbero il 10% in meno rispetto a oggi. Le minori entrate per l’Inps arriverebbero a toccare i 42 miliardi nel 2040.

L’analisi dell’Istituto mostra che le lavoratrici in media diventano madri un anno più tardi. Forse anche perché sanno di essere penalizzate sul piano delle retribuzioni. Dopo la nascita del figlio, coloro che si tengono stretto il posto, perdono il 10% della busta paga. Se si tiene conto anche di quelle che si ritirano dal lavoro, in media dopo 24 mesi, le neomamme guadagnano il 35% in meno.

Donne e previdenza: anche i padri fanno la loro parte

Nel rapporto è contenuta anche una prima seria analisi dell’impatto del congedo obbligatorio dei papà alla nascita del figlio. Si tratta di due giorni a retribuzione piena. Inps stima che i padri che ogni anno dovrebbero prendere il congedo perché dipendenti del settore privato dovrebbero essere 230-240 mila. Nella realtà, nel 2015 si sono fermati a poco più di 72 mila.

“Solo un terzo dei padri prende il congedo — racconta Boeri. — Impensabile cambiare le abitudini se non si introducono sanzioni per le imprese che violano la legge e se non si va al di là di uno o due giorni di congedo obbligatorio”.

Alla fine, Boeri mette la sostenibilità dei conti Inps in diretta relazione con la partecipazione delle donne al mercato del lavoro: “Un sistema di protezione sociale può essere reso sostenibile solo ampliando la base contributiva.
Avendo più immigrati al lavoro, certamente. Ma anche più donne.

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