Grenke: il percorso di certificazione sull’equità di genere. Abbiamo chiesto a Fabiana Carioli di raccontarci come l’azienda ha vissuto questa esperienza.
L’entusiasmo per le sfide è ciò che la muove. È il motore di tutta la sua carriera. Fabiana Carioli racconta il percorso di Certificazione in Grenke, azienda leader nella locazione di tecnologia. “È stato accolto con grande entusiasmo, siamo felici e orgogliosi. Perché ci siamo da subito accorti che il bollino rosa ci dava una marcia in più nel mercato”.
Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto ad intraprendere un percorso di certificazione sull’equità di genere?
Sicuramente il poter avere un riconoscimento. Molte “cose belle” che abbiamo fatto sono passate quasi “in sordina”, perché troppo impegnati nella crescita esponenziale che ci ha caratterizzato negli ultimi anni. Ma è arrivato il momento di valorizzare il nostro brand. Sia nell’ottica di retention per i nostri dipendenti, che di attraction, verso le nuove leve.
Poi, abbiamo visto nel “bollino” un vantaggio competitivo nei confronti di altre aziende. E perché no? Far sì che una competizione sana stimoli altre aziende ad avere comportamenti virtuosi.
Cosa rappresenta per Grenke il bollino rosa?
Personalmente penso che il bollino sia un mezzo per stimolare un dialogo rispetto all’equità di genere. Le medie/grandi aziende hanno mezzi e risorse per affrontare questo tema, gestendolo e adottando misure ad hoc. Ma l’Italia è costituita principalmente da piccole/medie imprese, che non hanno strumenti sufficienti. Credo che società come Grenke e le altre che hanno intrapreso questo percorso abbiano il dovere di promuovere il dialogo. Insieme devono pensare e proporre al legislatore soluzioni davvero funzionali al mondo del lavoro. In modo da non discriminare l’impiego femminile con lo spauracchio della maternità. Occorrono misure che agevolino sul serio l’imprenditore e non lo penalizzino.
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Quali riflessioni sono emerse nelle fasi in cui sono stati raccolti i dati sugli indicatori del Modello di certificazione?
Due parole chiave: consapevolezza e “dna Grenke”. Nell’analizzare indicatori così specifici, per esempio le ore di formazione non obbligatoria, mi sono domandata perché non avessi mai pensato ad analizzare alcuni dati rispetto al genere.
La risposta è stata immediata e anche la più semplice: perché per noi non c’è mai stata una “questione di genere”. Dal processo di selezione, alla retribuzione, alle promozioni, alla formazione, ciò che ci ha sempre guidato nelle scelte è la persona. La persona con i suoi valori, prima di tutto, e poi con le sue competenze e professionalità, a prescindere dal genere o da ogni altra forma di diversità.
Ecco, quindi, la riflessione più importante attivata dalla fase di pre-audit: la consapevolezza del dna Grenke, di cui le pari opportunità costituiscono solo una parte. Per noi, la persona è al centro: questo è il nostro dna.
Qual è stata la vostra percezione del pre-audit che il Winning Women Institute?
La percezione è quella di confrontarsi con consulenti certamente ancorati ai numeri, ma aperti nel leggerli rispetto al contesto aziendale.
C’è un indicatore del modello che ritiene particolarmente significativo sul tema dell’equità di genere? Se sì, quale?
Uno decisamente oggettivo e misurabile riguarda l’equità retributiva. E’ un indicatore strutturale su cui difficilmente si riuscirebbe ad intervenire in tempi brevi. A mio avviso, “racconta” la cultura aziendale che è stata adottata nel corso del tempo.
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C’è un indicatore che vorrebbe aggiungere accanto a quelli del modello di certificazione?
Non ne aggiungerei uno, piuttosto ne adatterei alcuni rispetto alle dimensioni dell’azienda. Più le aziende sono piccole, meno strumenti si hanno. Utilizzerei lo stesso schema, ma attribuendo una pesatura differente a seconda delle dimensioni/fatturato.
Ci sono degli spunti emersi nel pre-audit per implementare nuove iniziative nel proprio contesto organizzativo?
Certamente sì! Non solo grazie al pre-audit, ma grazie anche al confronto con le altre colleghe HR. Colleghe che hanno partecipato all’iniziativa e con cui si è creata una collaborazione reciproca e una interessante condivisione delle nostre esperienze. Per quanto riguarda le nuove iniziative, non posso ancora anticiparle, ma posso dire che riguardano le mamme al rientro dalla maternità.
Consiglierebbe ad un’altra azienda di realizzare un pre-audit per capire il loro status sull’equità di genere?
Assolutamente sì! E’ l’unico modo per non essere autoreferenziali e poter avere una fotografia oggettiva sul proprio status di azienda attenta al tema. Il pre-audit aiuta molto nel processo di consapevolezza.
C’è un’iniziativa “nel cassetto” sulla parità di genere che spera di realizzare?
Ho scoperto da poco che esistono spazi di co-working per mamme che vorrebbero riprendere a lavorare, ma che hanno problemi ad organizzarsi. Sto cercando di raccogliere più informazioni, perché per le neo-mamme potrebbe essere di grande aiuto poter lavorare sapendo che qualcuno si occupa dei loro figli.
Ci sono differenze sulla percezione dell’importanza della gender equality tra il proprio contesto organizzativo nazionale e quello dell’headquarter?
In Germania, nel nostro headquarter, c’è una grande attenzione, soprattutto rispetto alla flessibilità dell’orario e la possibilità di lavorare in home office. Essendo più strutturati, sono sicuramente più preparati in questo senso. Stiamo verificando come poter andare in questa direzione anche in Italia, nel minor tempo possibile.
Quali sono le maggiori criticità (per le donne) nell’attuale mercato del lavoro?
Io credo, purtroppo, le stesse di sempre. In primis, la “preoccupazione” che una donna appena assunta possa entrare in maternità.
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Come gestisce il lavoro e la famiglia?
Ancora oggi il ruolo della donna nella società è centrale per la famiglia in senso più ampio, non solo per i figli. Ad esempio, nell’occuparsi dei genitori in caso non stiano bene. Io ho avuto la fortuna di poter contare su una grande disponibilità nel poter organizzare il mio tempo nei momenti in cui ho avuto più bisogno. E dal mio punto di vista, è stato fondamentale per potermi occupare della mia famiglia e contestualmente gestire anche momenti di lavoro piuttosto intensi.
Mamma e lavoro, quale deve essere il messaggio che deve passare alle future generazioni?
Le mamme sono le prime responsabili dell’educazione dei loro figli maschi. Sono le prime che possono trasmettere quanto sia importante l’equità e il rispetto.
Perché le aziende dovrebbero scommettere su una nuova leadership femminile?
Mi piacerebbe che le aziende scommettessero sulle persone. Non per forza sulle donne, ma certamente non precludendo nulla alle donne. Una cultura basata su merito e competenze. Tenendo in considerazione che, ancora oggi, le donne, dopo il lavoro, ne iniziano un altro a casa. Quindi delle donne si può dire che hanno certamente grandi doti organizzative, oltre che capacità di multitasking.