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L’Italia è un paese senza meritocrazia, lo dice il Meritometro

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Secondo il Meritometro, l’Italia è un paese senza meritocrazia. Così la “pagella” elaborata per l’anno 2018. Il Meritometro, l’indicatore europeo che misura il livello di meritocrazia di un Paese, è elaborato dal Forum della Meritocrazia in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano. Nato per fornire proposte concrete ai policy makers. Si basa su 7 pilastri: libertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti, regole, trasparenza e mobilità sociale.

Il punteggio del Meritometro

L’Italia viene bocciata, senza se e senza ma, anche quest’anno. Per quattro anni consecutivi, per il Meritometro siamo gli ultimi in Europa. Il nostro Paese si conferma, con 23,57 punti. Con ben 43 punti di distacco dalla Finlandia (prima in classifica) e 9 punti dalla Spagna (in penultima posizione). Ultimi “da tutti i punti di vista”. Su tutti i pilastri del Meritometro, ma i gap maggiori rispetto alla media europea si registrano su libertà, regole e trasparenza.

Si sale e si scende a “piccoli passi”. Migliorano (di poco) i risultati dei pilastri pari opportunità, regole e trasparenza. Peggiorano le performance della libertà e della qualità del sistema educativo.

Questi dati 2018 restituiscono l’immagine di un’Italia con un livello di meritocrazia fermo ai valori del 2015. A quattro anni dalla prima rilevazione sul merito in Europa, emerge la fotografia di un paese vischioso al cambiamento. Ma anche incapace di dare una decisa soluzione di continuità alle proprie “debolezze” sul fronte della valorizzazione del merito e delle competenze.

Sistema educativo

Il principale trend negativo riguarda l’andamento della qualità del sistema educativo che continua a registrare valori ampiamente al di sotto le medie europee per quanto riguarda gli abbandoni scolastici e il tasso di educazione terziaria. Questi dati rendono quanto mai difficoltoso l’accesso al mercato del lavoro da parte dei giovani e non favoriscono l’attrattività per i talenti. Inoltre, minano alle fondamenta le potenzialità competitive del paese dinanzi alle sfide della quarta rivoluzione industriale.

Libertà

Cartina di tornasole della capacità del Paese nel garantire un insieme di condizioni idonee a valorizzare la libera iniziativa di cittadini e imprese. In particolare, il peggioramento è ascrivibile alla relativa inefficienza del mercato del lavoro, ad un sistema bancario nel complesso debole e ad una burocrazia troppo lenta e complicata.

Trasparenza

La lotta alla corruzione dà i suoi frutti. Grazie alla positiva azione anticorruzione portata avanti in modo strutturale negli ultimi anni, il Paese ha recuperato terreno, anche se su questo fronte i gap restano ancora di notevole entità. E i dati ce lo confermano: più di 9 punti dalla Spagna, 26 punti dalla Francia e 40 punti dalla Germania.

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Pari opportunità

I risultati sulle pari opportunità denotano un’inversione di tendenza rispetto agli scorsi anni. Tutto questo grazie a una lieve riduzione (-1.5%) dei Neet, frutto delle politiche di incentivazione al lavoro dei giovani. In tutti i casi, il dato sull‘inattività giovanile resta drammaticamente il più alto d’Europa, mentre la fuga di cervelli non si arresta. Per quanto riguarda le donne, il soffitto di cristallo rimane ancora una barriera più che consistente. Con risultati nel complesso sui livelli dello scorso anno, pur registrandosi un positivo incremento delle donne in posizioni manageriali (+1%) e nei board (+4%).

La cultura della mediocrazia

La cultura del Paese penalizza la valorizzazione del merito e delle competenze a vantaggio di altri meccanismi, purtroppo prevalenti, di promozione sociale, come l’appartenenza e le relazioni. In Italia c’è una cultura che vede (a torto) il merito come il peggior nemico dell’uguaglianza. Tutto ciò cristallizza le differenze e consolida lo status quo. In buona sostanza, in questa originale melassa culturale la mediocrazia finisce per essere il vero motore dell’intero sistema. Dalla politica al mondo del lavoro, fino alla scuola e alla formazione. Un sistema bloccato e tendenzialmente chiuso che, non riuscendo, né a valorizzare le eccellenze, né a garantire pari opportunità, finisce per scontentare tutti.

Quali gli scenari futuri?

Le ricette per ridurre lo stock di “debito meritocratico” sono sostanzialmente di carattere strutturale. Serve coraggio. E, soprattutto, la crescita della consapevolezza dell’importanza del merito nel determinare incrementi di ricchezza e benessere. Non è un’impresa impossibile. Basta ricordare che la meritocrazia non si realizza per legge, ma le leggi possono e devono essere orientate al merito.

Non si ottiene con una delibera di un CdA, ma le decisioni dei board e del management possono e devono essere orientate a diffondere e premiare il merito nelle organizzazioni. Non è una materia d’esame, ma la scuola e il sistema educativo possono e devono promuovere la diffusione della cultura del merito tra le giovani generazioni.

*Gli indicatori: libertà (di mercato; di impresa; etc.); pari opportunità; qualità del sistema educativo; attrattività per i talenti (stranieri); regole; trasparenza (basso livello di corruzione); mobilità.

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