Smart working: qual è la situazione oggi in Italia? La conciliazione vita e lavoro è il punto focale per molte donne. Ma è soprattutto il punto debole del loro reinserimento nel mondo del lavoro.
Bisogna dire che, anche se in minima parte, è in corso un cambiamento organizzativo nelle aziende. Un cambiamento che comporta la rottura delle barriere tradizionali tra luoghi e tempi del lavoro. Tra luoghi e tempi della vita familiare. Lo smart working è spesso la soluzione. Il lavoro agile può avere rilevanti impatti tanto sulla produttività quanto sul benessere delle persone e sull’inclusione sociale. In modo particolare, favorendo l’occupazione femminile.
Per smart working intendiamo: “Una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.
Le aziende private iniziano ad organizzarsi
È stata approvata la legge sul “Lavoro agile”, cresce il dibattito sul tema e continuano le sperimentazioni tra le imprese italiane. Nel 2017, lo smart working in Italia ormai rappresenta una realtà. Aumenta del 14% rispetto al 2016 (e del 60% rispetto al 2013) il numero dei lavoratori che godono di autonomia nelle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati. Ma è prevedibile che il lavoro agile si diffonda rapidamente, considerati gli effetti sulla soddisfazione dei lavoratori secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.
Chi sono gli smart worker?
Infatti il 50% degli smart worker sono pienamente soddisfatti, contro una media del 22%. Il 34% dichiara di avere un buon rapporto con colleghi e superiori, contro il 16%. Quasi nessuno, infine, è complessivamente insoddisfatto del lavoro, contro una media del 17%.
Se è vero che il fenomeno smart working è in netta crescita, vale la pena allora chiedersi quanti sono oggi gli smart worker in Italia. Possiamo dire che sono ormai 305.000, l’8% del totale dei lavoratori del campione preso in esame dall’Osservatorio. E si distinguono per maggiore soddisfazione per il proprio lavoro e maggiore padronanza di competenze digitali rispetto agli altri lavoratori.
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Il futuro: i dati sono destinati a crescere
Va detto che quel che si vede è solo la punta dell’iceberg. Infatti, sono ancora pochi i progetti di sistema che ripensano i modelli di organizzazione del lavoro. E che estendono a tutti i lavoratori flessibilità, autonomia e responsabilizzazione. I numeri sono destinati a crescere. Infatti, aumenta l’adozione dello smart working tra le grandi imprese: il 36% ha già lanciato progetti strutturati (il 30% nel 2016). Ben una su due ha avviato o sta per avviare un progetto.
Ma le iniziative che hanno portato veramente a un ripensamento complessivo dell’organizzazione del lavoro sono ancora limitate e riguardano circa il 9% delle grandi aziende. Anche tra le PMI cresce l’interesse, sebbene a prevalere siano approcci informali. Il 22% ha progetti di smart working, ma di queste solo il 7% lo ha fatto con iniziative strutturate. Un altro 7% di PMI non conosce il fenomeno e ben il 40% si dichiara “non interessato”.
La situazione smart working negli uffici pubblici
Nella Pubblica Amministrazione solo il 5% degli enti ha attivi progetti strutturati e un altro 4% pratica lo smart working informalmente. Ma a fronte di una limita applicazione, c’è un notevole fermento, con il 48% che ritiene l’approccio interessante. Poi c’è un ulteriore 8% che ha già pianificato iniziative per il prossimo anno e solo il 12% che si dichiara non interessato.
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