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Stati Generali delle Donne: il progetto che rilancia l’economia al femminile

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Dal 2014 è l’anima degli Stati Generali delle Donne. Parliamo di Isa Maggi, laurea in Economia alle spalle, commercialista, mamma, da sempre in prima linea a difesa delle pari opportunità.

Spirito combattivo. Una donna senza paura. Il suo motto è: “Siamo l’altra metà del Pil”.

Quando ha inizio tutto?

Devo andare a ritroso, prima degli Stati Generali delle Donne, ci sono state tante tappe. Nel 1997 ho promosso lo Sportello Donna di Pavia. Primo ‘incubatore’ di genere in Europa, per la nascita di imprese femminili. E’ ancora, nel 2011, ho guidato la rete nazionale dei Business Innovation Center, un sistema europeo di sostegno alle start up innovative.

Poi sono arrivati gli Stati Generali.

Sì, nel 2014. In tante ci siamo riunite a Roma. Abbiamo capito subito, insieme, che occorreva spostarsi sui territori. Nei luoghi dove operano le donne normali, quelle del quotidiano, protagoniste a volte ignare e spesso inascoltate. Donne con mille istanze e mille proposte concrete, per raccogliere le loro esperienze e i loro bisogni, anche semplicemente i loro pensieri. Da qui gli Stati Generali Regionali, che si sono svolti a partire dall’inizio del 2015.

Cosa sono gli Stati Generali delle Donne?

Un organismo diventato ben presto interlocutore autorevole delle Istituzioni, italiane ed europee. In materia di diritto, economia, cultura. Si tratta di un percorso a tappe, democratico, perché dà voce a tutte le donne. Un percorso condiviso e spontaneo, nato e cresciuto dal basso, senza steccati o costrizioni di sorta. Un “agglomerato” di donne che può cambiare composizione, ma non modifica l’idea centrale della valorizzazione di tutte per aiutare il mondo.

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Quali sono le vostre prospettive?

Abbiamo scritto un documento e un testo che racconta le criticità e le buone pratiche rintracciate nei territori.Il percorso avviato ha come meta Matera 2019, capitale europea della cultura. E’ lì che ci incontreremo in una grande plenaria il 24 e il 25 gennaio per valutare il percorso fatto. E soprattutto per darci prospettive di lavoro per il Mediterraneo attraverso il nostro progetto di rete “Le città delle donne”.

Nello specifico?

Siamo attive in ogni regione italiana. Abbiamo una hub che ci permette di avere carattere giurico e fiscale, oltre il movimento, presente nelle città e nelle regioni.
Abbiamo, per le elezioni, tradotto il nostro pensiero in un documento “politico” Il Patto per le donne, declinato a livello nazionale e regionale. Il nostro obiettivo è far diventare “l’Italia un paese per donne”, partendo dal lavoro. Il mio motto è “siamo l’altra metà del Pil”.

Cosa chiedete al nuovo Governo?

Abbiamo scritto una lettera di augurio e non solo, al nuovo Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Le brevi annotazioni dedicate al tema della parità di genere nel “Contratto del governo per il cambiamento” rappresentano un salto nel passato. Le donne sono collocate nel Contratto solo come “mamme”, come “anziane” e che vivono nelle periferie.

In che senso?

Nessuna posizione viene presa sulla preoccupante situazione della disoccupazione femminile. Sugli strumenti necessari per il superamento degli ostacoli nell’accesso alle carriere da parte delle donne. Sulla disparità di retribuzioni tra uomini e donne a parità di incarico. E sul ruolo delle imprese femminili come fattore di crescita.

Eppure la partecipazione delle donne nel mercato del lavoro consentirebbe una ripresa economica dell’intera società. Si tratta di dati concreti e certi. Il frutto di analisi e di studi approfonditi da parte di studiose/i della “Womenomics” secondo la quale il lavoro delle donne è oggi il più importante motore dello sviluppo mondiale. Speriamo che ne tengano conto!

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