La gender diversity è a rischio, la linea tracciata in questi anni non è sufficiente. Ecco cosa emerge dall’ultima edizione del World Economic Forum di Davos. Dove, tra i Ceo, i leader politici e le celebrità che hanno partecipato, le donne sono state solo il 21%.
World Economic Forum: il focus sulle donne
Uno dei momenti più significativi ed emozionanti di questa edizione è stato certamente l’intervento di Malala Yousafzai, la giovane pakistana premio Nobel per la Pace nel 2014. “Cambieremo il mondo da sole, senza attendere il sostegno degli uomini. Non chiederemo loro di cambiare il mondo. Lo faremo noi stesse”, ha esordito sul palco. Gillian Tans, Ceo e amministratore delegato di Booking.com, pure lei a Davos ha fatto un intervento preciso ed efficace. Bisogna dare l’esempio, è stato il succo. “Crediamo fortemente che la diversità sia la chiave per la creazione di una forza lavoro che promuova l’innovazione, la collaborazione e la creatività. Stiamo lavorando per un gender-balance sempre più equilibrato”.
Un Comitato di sole donne
Insomma, in fila ad incoraggiare la diversità di genere, oltre le mura delle aziende, promuovendo modelli di ruolo più positivi per le donne in tutte le funzioni del settore tecnologico e politico, si sono esposte in tante. Addirittura, erano tutte donne all’apertura del primo giorno del summit, sedute una accanto all’altra. La direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde, la premier norvegese Erna Solberg, l’Amministratore Delegato della Ibm Ginni Rometty, la Direttrice del Cern Fabiola Gianotti, la numero uno della società energetica francese Engie, Isabelle Kocher, l’attivista indiana pro imprenditrici Chetna Sinha e il Segretario Generale della Confederazione Mondiale dei Sindacati Sharan Burrow.
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La partecipazione delle donne, un esiguo contentino
“Finally a real panel, not a manel”. Finalmente un panel rappresentativo della realtà, non fatto di soli maschi. Ha commentato la Lagarde, riferendosi al fatto che, per la prima volta in 48 anni di storia del meeting, l’edizione 2018 ha scelto solo donne per il proprio comitato.
Una scelta d’immagine non indifferente, ma è proprio qui che sta il punto. Davos è stato criticato proprio per questo: sì è scelta un’immagine vicina alla gender equality, ma la sostanza è stata poca. Perché? Tra i Ceo, i leader politici e le celebrità che hanno partecipato al Forum, le donne sono state il 21%. Un quinto del totale di delegati. Il dibattito sulla necessità di promuovere la parità di genere è stato presente, ma inefficace. A detta di molti commentatori.
Davos resta un circolo per molti uomini e poche donne. Ma a dirla tutta, basta fare due calcoli e tutto diventa chiaro. Davos rappresenta il mondo che conta e nel mondo che conta le posizioni che contano nell’economia, nell’impresa, nella politica e nella società civile sono ancora in mano agli uomini. Le leve del comando sono ancora dei maschi e le donne restano comunque una minoranza. Il World Economic Forum Summit ha solo rappresentato la realtà, con qualche forzatura.
Gli sforzi sulla parità di genere non bastano
E qualche dato sconvolgente. Come quello venuto fuori dai ricercatori del Summit e raccontato molto bene in un articolo del Guardian. Secondo gli studiosi, la tecnologia amplierà il divario retributivo e a essere colpite saranno soprattutto le donne. Insomma la tecnologia rema contro la gender equality. E il divario al lavoro tra uomini e donne – sia in termini di retribuzione che di status – è probabile che si allarghi, a dispetto delle lievi trasformazioni di questi ultimi anni. Insomma, tanta fatica per poi ritornare indietro. Sembrerebbe. Dati alla mano, il rapporto stima che il 57% dei posti di lavoro destinati a essere spostati dalla tecnologia tra oggi e il 2026 appartenga alle donne. Secondo Saadia Zahidi, responsabile dell’Istruzione, Genere e Lavoro del World Economic Forum, ciò sottolinea che gli sforzi globali per ridurre la disuguaglianza di genere sono in stallo. “Stiamo perdendo preziose opportunità per ridurre la disuguaglianza di genere”, ha detto.
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Gli studi confermano una gender diversity in difficoltà
Ogni anno, studi come quello della società di consulenza Ria Grant Thornton, “Donne nel mondo degli affari: il valore della diversità”, sottolineano che le aziende ottengono risultati migliori quando hanno almeno una donna dirigente. Eppure il cambiamento è stato glaciale e, dopo anni di miglioramento, sta iniziando a bloccarsi.
Mervyn Davies, ex banchiere e ministro, il cui rapporto del 2011 ha fissato un obiettivo del 25% per le donne, quest’anno non ha partecipato a Davos. Ma ha detto esplicitamente che “qualsiasi progresso futuro sarà guidato più da un impegno sulle posizioni di potere delle donne e sul posizionamento delle donne ai vertici che dal vecchio modello, basato da richieste non ambiziose”.
Secondo un nuovo rapporto Oxfam pubblicato proprio durante l’Annual Meeting, l’82% della ricchezza mondiale generata l’anno scorso è andato al più ricco 1% della popolazione mondiale. Questa disuguaglianza, dice Winnie Byanyima di Oxfam, colpisce le donne più degli uomini. In tutto il mondo, le donne guadagnano costantemente meno degli uomini e solitamente si trovano in posizioni di lavoro svantaggiate: meno retribuite e meno sicure.
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